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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

XXI Stagione di Prosa del teatro Angioino di Mola di Bari - “AVARO” da Molière - Compagnia L’Occhio del Ciclone Theater - 2 Aprile 2022


Ancora una rappresentazione del patologico e inguaribile taccagno.



Il noto giorno nella casa di Appagone torna ad appassionarci ancora una volta come ha fatto tutte le volte che è stato rappresentato.
Il protagonista della vicenda è un personaggio che ci affascina, anche se vorremmo detestare, forse perchè abbiamo paura di essere o diventare così, anche se siamo sicuri di non correre mai il rischio.

E' facile per me gettare lì il titolo del mio libro .... Le cose non sono mai quello che sembrano perchè il rischio è proprio quello di non renderci conto di quanto diamo per scontate alcune cose.

Sabato 2 aprile 2022 alle h.21, nell’ambito della XXI Stagione di Prosa del teatro Angioino di Mola di Bari, con la direzione artistica di Francesco Capotorto, avremo modo di rifletterci ancora.
Incontreremo i protagonisti che tanto ci affascinano e, sono sicuro, riusciremo a vedere addirittura qualche altra cosa, sia perchè ogni compagnia teatrale ci mette quel pizzico di introspezione e sia perchè usufruendo dell'arte non si finisce mai di imparare.

E tutto questo nonostante fatti e personaggi sono noti qui come a Modugno, Fasano, Firenze, come in Francia, ovviamente, ma anche in Olanda, Turchia, Uruguay, ecc.... una commedia da ... 10 che non smette mai di stupirci, nonostante tutto.

La Compagnia L’Occhio del Ciclone Theater presenta “AVARO” da Molière
adattamento Gianfranco Groccia

con
Lino De Venuto, Nicola Borreggine, Maurizio De Vivo, Isa Gigante, Ada Interesse, Loredana Lorusso, Vito Pappalepore, Vitangelo Pugliese, Caterina Rubini, Michele Scarafile, Anna Volpicella

Regia e Scene Gianfranco Groccia

Progetto luci e fonica Nicola Santamato - Scenotecnica Emanuele Hila

Commedia rappresentata per la prima volta a Parigi, al Teatro di Palais-Royal, il 9 settembre 1668. La storia si svolge nell’arco temporale di una giornata. L’argomento principe è l’Avarizia, “la madre di tutti i vizi”, citando Seneca, “la radice di tutto il male” per Paolo di Tarso. Anche i sentimenti amorosi hanno un peso rilevante nell’insieme dell’opera ma senza la burbera caratterizzazione di Arpagone, patologico e inguaribile taccagno, la storia sarebbe diversa. Del resto la letteratura è piena di icone schiave del mortifero morbo dell’accumulo: Paperon de’ Paperoni, Scrooge del Canto di Natale di Dickens, papà Grandet dell’Eugénie Grandet di Honoré de Balzac e Don Mazzarò de La roba di Giovanni Verga. L’avarissimo Arpagone, quindi. Del resto lo stesso nome del protagonista sembra non essere casuale: “l’arpagone” è uno strumento a forma di lungo ferro uncinato con cui, nelle battaglie navali, si afferravano e si tenevano ferme le navi nemiche durante l'arrembaggio. “L'avarizia in età avanzata è insensata – scriveva Marco Tullio Cicerone in De Senectute - cosa c'è di più assurdo che accumulare provviste per il viaggio quando siamo prossimi alla meta? Ma il Narciso Arpagone, perennemente innamorato di se stesso e delle sue monete, sembra totalmente privo della benché minima saggezza: l’avarizia è nel suo dna, scorre come un (corona)virus nel suo sangue, lo induce ad anteporre su tutto i propri interessi e trasformare ogni occasione in fonte di guadagno. E ciò lo rende sospettoso di tutto e di tutti e soprattutto insensibile alle altrui necessità, comprese quelle dei figli. Anche quando in grottesca competizione con il figlio Cleante, sembra affascinato dalle “grazie formose” di Mariana e dichiara di volerla sposare, antepone irrimediabilmente gli scudi, specie se d’oro, all’amore. A bilanciare il cinismo e la crudeltà del compulsivo Arpagone, drammaticamente prigioniero del suo stesso vizio, soccorre la presenza di quattro giovani innamorati e un nugolo di servitori dall’atteggiamento ambiguo.
L’adattamento de L’Occhio del Ciclone Theater, passi il calembour, strizza l’occhio a Moliere, ricuce brillantemente i temi più significativi della commedia e con un salto temporale di 350 anni circa in avanti la immerge nelle atmosfere pregne di contestazioni degli anni 68-70, in particolare nel rapporto padre-figli. Ne risulta uno spettacolo confezionato con lo stile ironico e leggero tipico della compagnia con stacchi musicali moderni, pantomime, vivacità scenica, studio e ricerca di una sempre più incisiva espressività gestuale e verbale.

Ingresso consentito nel rispetto delle prescrizioni vigenti anti covid.

Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al botteghino del teatro Angioino 
in via Silvio Pellico n.7 in Mola di Bari 
tel.0804713061.

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© Copyright 2013 Mancio Mario Ruggiero

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