Le cose non sono mai quello che sembrano ©. Clicca sull'immagine.

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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Teatramico esaurisce le repliche del "Giocatore di Scacchi" che riproporrà a Settembre.


Scelta la strada del thriller per ripartire.


Due attori in scena, la scenografia che resta la medesima per tutto lo spettacolo, più una voce fuori campo di tanto in tanto.

Potrebbe sembrare poco, visto che questo genere è più cavalcato nel cinema e nella TV che in teatro, proprio a causa di eventuali effetti speciali che vanno a nozze con le nuove tecnologie che producono decine di effetti speciali, ma non è così.
Del resto non vogliamo parlare di PIL, ma di evento teatrale in senso stretto. 

Il DNA del thriller è, infatti, principalmente la tensione e la bravura degli interpreti riesce a produrla in un'ora di recitazione che manda avanti un canovaccio a dir poco ingarbugliato.

A cominciare dalla location... Dai nomi stranieri, non siamo nella nostra nazione, da qualche indicazione potremmo anche risalire al luogo, ma sarebbe la stessa cosa sapere di essere a Molfetta o in Irlanda. 

Del resto parliamo di due personaggi che potrebbero benissimo cantare:
"Siamo fuori di testa, ma diversi da loro" avando la stessa intensità nell'arrivare al pubblico, come i Maneskin hanno fatto ultimamente attraverso la musica. 

Cominciamo da Sharon Parker, il primo personaggio ad entrare in scena.
Si tratta di una profiler, definizione che abbiamo imparato a conoscere in telefilm tipo CSI. 
Una psichiatra che lavora per la polizia. 

Questa si occupa di un complicato caso che riguarda uno spietato criminale che definiscono “giocatore di scacchi” e che non è il tipico serial killer, non uccide le sue vittime, ma le riduce a poco più che vegetali, mutilandole, lobitizzandole e costringendole ad una vita sulla sedia a rotelle, nella quale si è incapaci di fare nulla. 

Sul luogo del delitto lascia sempre un pezzo degli Scacchi, motivo per il quale prende il suo nomignolo. 

All'inizio assistiamo quasi ad un monologo, durante il quale la protagonista si dimostra quasi logora da tutta la vicenda. 

Una sera come tante, a rimuginare sul caso.... 
ed ecco che alla sua porta si presenta un certo George, o come si chiama lui... Visto che cambierà nome nel corso della successione degli eventi. 

La scusa della visita è la consegna di alcune prove riguardanti il caso, ricevute dal capo della polizia, quella per rimanere è la necessità di dover fare una telefonata. 

È quello l'inizio vero e proprio dell'accavallarsi di situazioni tra surreale e reale, con continui ed inaspettati capovolgimenti di fronte. 
Talvolta ci sembra di dover distinguere la frutta nella Macedonia al buio. 
Nulla è come appare e lo spettatore pensa a tutto ed al contrario di tutto. 

Una maniera di raccontare che a me piace particolarmente, visto che ho intitolato il mio primo romanzo "Le cose non sono mai quello che sembrano". 

La rappresentazione riesce alla perfezione, nonostante sia una novità assoluta, sia per il genere che per il fatto di essere un'opera originale anche se ispirata a materiale soprattutto americano di noir degli anni '40 e '50. 

Rino Giuliani, autore dell' opera e Paola Salustio fanno rimanere gli spettatori con gli occhi sgranati fino alla fine, solo loro due, a scambiarsi il ruolo della vittima con quella del carnefice, anche se quando sembra che si vada in una certa direzione, ricordi qualche particolare precedente e cancelli le convinzioni che ti stai facendo. 

La voce fuori campo di Vito Orlando che qualche volta si sente, sembra un contorno alla storia.

Ovviamente non svelerò il finale, anche perché, come ho già scritto prima la rappresentazione verrà ancora riproposta il 17 settembre 2021, sempre al Castello Angioino. 

Quindi al limite mi farà piacere se questo piccolo scritto possa bastare per fare in modo che le persone chiamino i numeri: 3495145355 o 3397017517
Per le info, ma soprattutto per prenotare il proprio biglietto. 

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© Copyright 2013 Mancio Mario Ruggiero

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